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  • Immagine del redattoreDr Anna Carlotta Grassi

Maglia, che passione: i benefici sul cervello degli hobby creativi.

Sì, avete letto bene: fare la maglia fa bene al cervello. O almeno, così sostiene la ricerca di cui vi parlerò oggi, pubblicato nel 2011 da un team americano.

Visto che è un hobby che sta prendendo piede sempre di più (si vocifera anche tra i maschietti) nonché una mia personale passione, ho pensato di parlarvene oggi in questo breve articolo.

Come scopriremo, non solo lavorare a maglia ma tutte le attività che proteggono il cervello dagli effetti nefasti dell'invecchiamento stimolano il ragionamento.


Due definizioni

Per capire appieno i risultati dello studio è meglio definire due termini che utilizzerò in quest'articolo.


Per "attività cognitiva", gli autori intendono quel tipo di occupazione che impegna la mente, coinvolgendo il ragionamento. Sinonimi che ricorrono nell'articolo infatti sono "attività mentale " ed "attività intellettuale". Praticamente, le attività cognitive sono l'opposto degli automatismi, quelle cose che tutti facciamo senza pensare, e che quindi non necessitano di grande sforzo, almeno dal punto di vista mentale. Alcuni esempi sono lettura, attività creative, al computer, giochi...


"MCI" sta per "Mild Cognitive Impairment", un termine ampiamente usato in ambito geriatrico e neurologico per indicare un quadro in cui la persona a livello cognitivo mostra alterazioni spesso molto sfumate non dovute al semplice invecchiamento, ma indice di processi patologici che stanno iniziando a manifestarsi in maniera talmente sottile che spesso l'individuo stesso le accantona come effetti dell'età e che possono passare inosservate anche alle persone più intime. In letteratura c'è consenso sul fatto che col tempo sviluppi una demenza (specialmente Alzheimer) circa il 10%-15% dei soggetti con MCI, contro l'1%-2% della popolazione anziana sana.

L'MCI è quindi una spia molto importante, e nel diagnosticarlo svolge un ruolo fondamentale il neuropsicologo, che con la sua batteria di test riesce ad individuare le più sottili alterazioni cognitive e comportamentali, permettendo così a paziente e familiari di essere seguiti fin dai primissimi segnali.

Le persone con MCI, proprio in virtù dell'assenza di manifestazioni dei sintomi cognitivi, non mostrano in genere alterazioni o impedimenti nella loro vita quotidiana.


Veniamo allo studio

Gli autori hanno messo a confronto due gruppi di uomini e donne tra i 70 e gli 89 anni d'età: un gruppo era composto da 1124 anziani sani, l'altro da 197 persone con MCI. A tutti i partecipanti sono state fatte domande circa il tipo e la frequenza di attività mentali svolte nell'ultimo anno, ed i ricercatori hanno trovato alcune correlazioni tra il tipo e la frequenza di attività svolta e la presenza di iniziale decadimento cognitivo.

Le attività prese in considerazione nell'intervista sono lettura, attività creative (quali il lavoro a maglia o il cucito), al computer, di gruppo (ad esempio, club del libro), sociali (ad esempio, uscite al cinema o gite), artistiche e guardare la televisione.

Lo studio è stato pensato in modo da escludere le interferenze sui risultati di altre malattie sia a livello fisico che psicologico; si è anche tenuto conto dell'attività fisica dei partecipanti, perché sono risaputi gli effetti benefici che ha sulle funzioni cognitive.


I risultati

I ricercatori hanno trovato una correlazione tra alcune attività e l'assenza di MCI, in particolare tutte le attività cognitive e il guardare meno TV sono risultate associate a un rischio del 30%-50% minore di sviluppare MCI. Non è emerso nessun legame significativo invece con la lettura del giornale e le attività sociali.

Ma cosa significano questi risultati?

Molti studi hanno già dimostrato un legame tra lo svolgimento di attività cognitive e un minore rischio di sviluppare demenza: questa ricerca sembra andare nella stessa direzione, aggiungendo un tassello, ovvero portando dati a favore dell'effetto protettivo delle attività mentali anche sullo stadio precedente la demenza, il Mild Cognitive Impairment.


Ipotesi esplicative

Gli autori propongono diverse possibili spiegazioni degli effetti protettivi dell'attività cognitiva sul deterioramento mentale.

La prima è che il dedicarsi ad interessi che mobilitano le risorse mentali sia indice di uno stile di vita più sano in generale, quindi attento all'alimentazione, al movimento e alla gestione dello stress. I benefici sull'invecchiamento di questo stile di vita sono ben noti.

Un'altra spiegazione è quella della riserva cognitiva, ipotesi fortemente supportata dalla comunità scientifica secondo la quale le attività intellettuali rafforzano i circuiti neurali che vengono maggiormente colpiti dal declino cognitivo, proteggendoli.

Infine abbiamo il modello dello stress di Sapolsky: le aree cerebrali che giocano un ruolo chiave nella memoria hanno recettori sensibili alle molecole tossiche prodotte quando l'organismo è sotto stress; il decadimento cognitivo sarebbe causato dall'accumulo di queste tossine in aree particolari del cervello. E' stato proposto che le attività cognitive proteggano il cervello esercitando un'azione modulatoria sullo stress. E, in effetti, penso che tutte le appassionate di attività creative possano ritenersi d'accordo sul loro effetto calmante...


Sebbene questo studio abbia esaminato degli anziani, è importante sottolineare la riserva cognitiva si costruisce durante tutto l'arco della vita, quindi più tempo si passa a coltivare i propri interessi e a mantenere attivo il cervello, più si accumula protezione dall'invecchiamento patologico.

Un ottimo motivo per spegnere la TV ed appassionarsi di ferri, uncinetto, scacchi... qualsiasi cosa che ci faccia sentire un po' di fatica a livello mentale: per dirla in termini molto tecnici, dobbiamo cercare la sensazione degli ingranaggi che lavorano!


A presto col prossimo articolo!


Risorse

Ecco l'articolo originale, in inglese e gratis.


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